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venerdì 27 maggio 2011

L'infermiere di oggi

 Il percorso formativo odierno
Nel 2001, il diploma universitario per infermiere è stato trasformato in laurea triennale e viene inoltre prevista la laurea specialistica nelle scienze infermieristiche e ostetriche. Oggi dunque l'esercizio della professione è subordinata al conseguimento della laurea in infermieristica, rilasciato a seguito di un esame finale con valore abilitante alla professione e dall'iscrizione al relativo albo professionale. Tale titolo è valido sull'intero territorio nazionale nel rispetto alla normativa europea in materia di libera circolazione delle professioni[11]. Sono ritenuti validi i titoli acquisiti prima della normativa attuale (infermiere professionale, diploma universitario di infermiere).
 Le tappe del percorso formativo
·        Laurea in infermieristica (3 anni, 180 CFU, titolo "dottore in infermieristica")
·        Master di I livello (60 CFU)
·        Laurea magistrale (specialistica) in scienze infermieristiche ed ostetriche (2 anni, 120 CFU, titolo "dottore magistrale in scienze infermieristiche ed ostetriche")
·        Master di II livello (60 CFU)
·        Dottorato di ricerca (3 anni, titolo "dottore di ricerca infermieristica")
Per accedere alla laurea magistrale non è indispensabile possedere un master di I livello; lo stesso vale per il dottorato di ricerca, che richiede la laurea magistrale ma non il master di II livello.
Attività professionale
L'infermiere svolge la propria attività professionale in aziende ospedaliere sanitarie pubbliche o private, nelle ASL, in ambulatori privati, nei cad, e i servizi sanitari di assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o di libera professione; concorrendo direttamente all'aggiornamento professionale, alla ricerca e alla prevenzione. Le aree di operatività a contatto con il paziente/utente seguono processi assistenziali di natura complessa. In fase di diagnosi, l'infermiere è parte attiva nella raccolta dell'anamnesi, nell'accertamento delle condizioni di salute e nello svolgimento di esami ematici o strumentali. Nella fase della cura, la presenza dell'infermiere è diretta alla presa in carico dell'assistito mediante la progettazione del piano di assistenza e la corretta esecuzione delle attività diagnostico-terapeutiche. La presenza di almeno un professionista è costante nelle unità di cure per acuti. La presenza degli infermieri specialisti clinici, esperti in possesso di un master universitario in una delle specialità infermieristiche, consente un'assistenza sanitaria avanzata (Advanced Practice Nursing) erogata attraverso una consulenza infermieristica o grazie alla presenza costante, come nel caso delle terapie intensive. Nella fase di recupero e riabilitazione, all'interno delle proprie realtà lavorative, l'infermiere produce spesso il materiale informativo per la dimissione dell'ammalato e provvede all'educazione nella fase di dimissione. Recentemente si sono sviluppati reparti specializzati definiti post-acuti o di riabilitazione estensiva, dove il percorso di riabilitazione vede l'equipe infermieristica essere il personale di riferimento, mentre il medico interviene in qualità di consulente esterno. Nell'ambito del management sanitario per le funzioni di coordinamento infermieristico, l'infermiere è presente a livello di dipartimento, e/o unità operative oltre alla gestione del personale egli si occupa degli aggiornamenti professionali, del controllo e sorveglianza ambientale. Quello del coordinatore infermieristico (ex caposala) è un ruolo intermedio tra professionisti e dirigenza strategica aziendale, quindi anello indispensabile per il buon funzionamento dell'intero sistema. L'infermiere per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, tramite attribuzione di alcune attività del personale di supporto noto con la qualifica di O.S.S. (acronimo che significa operatore socio sanitario). Questo passaggio è ricordato sia dalle normative di riferimento dell'infermiere sia da quelle relative all'operatore socio sanitario. Ricade comunque sull'infermiere la responsabilità per la corretta gestione dell’assistenza. 

....un po' di vocabolario....

Hardware
Nell'informatica pionieristica degli anni sessanta questo termine inglese, letteralmente "ferramenta", ben si prestava a indicare le macchine utilizzate. Anche con la sostituzione delle valvole termoioniche in favore dei transistor e poi dei primi circuiti integrati MOS, tali macchine erano composte da telai e pannelli metallici robusti tutti rigorosamente assemblati mediante bullonature vistose, per contenere i preziosissimi e delicatissimi circuiti elettronici che erano il cuore degli elaboratori e delle prime periferiche di base. Oggi, quando risulta difficile ritenere ferramenta un mouse o una webcam, il termine è rimasto più che altro per distinguere tutto ciò che è macchina, strumento, dai programmi (il software) per far funzionare la macchina o lo strumento. In pratica l'hardware è tutto ciò che è palpabile e visibile con gli occhi, come un hard disk, un monitor, lo stesso case del computer.
Software
È importante distinguere il software di base (oggi chiamato sistema operativo) dal software applicativo (comunemente detto programma o applicazione): Il software di base serve per rendere operativo l'elaboratore; Il software applicativo serve per implementare nuove funzioni e/o rendere operative parti dell'elaboratore.Una visione semplicistica può essere quella secondo cui l'elaboratore usa: il software di base per se stesso, come servizio interno; il software applicativo per fornire un servizio alle persone che lo utilizzano. Nondimeno, molte funzioni del software di base offrono valore aggiunto anche all'utente finale (ad esempio, il file system consente all'utente di memorizzare e poi riutilizzare secondo necessità il proprio lavoro). Perciò, all'interno del software di base è possibile ulteriormente distinguere le funzionalità a valore aggiunto per l'utente e quelle che sono meramente di servizio per garantire il funzionamento della macchina. Il software di base, oggi detto sistema operativo, nasce con l'evoluzione tecnologica. Mentre i primi elaboratori contenevano tutte le istruzioni necessarie al proprio funzionamento, ivi incluse quelle di interazione con l'hardware (spesso complesse e non portabili), l'aumento della memoria e della potenza di calcolo ha portato all'evoluzione di strati software interposti tra il programmatore e l'hardware (all'epoca, tutti gli utenti erano anche programmatori e non esisteva ancora la nozione di software general purpose). Oggi, se si escludono i sistemi dedicati a particolari servizi critici come l'avionica, la chirurgia assistita, il controllo di impianti a ciclo continuo, mezzi in movimento, ecc. il rapporto tra software di base e software applicativo è sempre superiore a uno. Nel caso dei personal computer domestici tale rapporto sale spesso tranquillamente al di sopra di 10 a 1.



L'hard disk o disco rigido (anche chiamato disco fisso) è un dispositivo utilizzato per la memorizzazione a lungo termine dei dati in un computer. È costituito fondamentalmente da uno o più dischi in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico in rapida rotazione e da due testine per ogni disco (una per lato), le quali, durante il funzionamento "volano" alla distanza di pochi centesimi di nanometro dalla superficie del disco leggendo e scrivendo i dati. La testina è tenuta sollevata dall'aria mossa dalla rotazione stessa dei dischi che può superare i 15.000 giri al minuto. Gli hard disk moderni hanno capacità e prestazioni enormemente superiori a quelle dei primi modelli, ma restano comunque molto al di sotto delle prestazioni dei componenti elettronici che compongono il resto del computer. Per questo motivo, l'hard disk è spesso la causa principale del rallentamento di un computer. Le caratteristiche principali di un hard disk moderno sono:
  * la capacità
* il tempo di accesso
* la velocità di trasferimento
La capacità è in genere espressa in gigabyte (GB). I produttori usano i gigabyte metrici, invece delle approssimazioni per potenze di due usate per la memoria. Questo significa che la capacità di un hard disk è in realtà un poco più piccola di quella di un modulo di memoria con la stessa capacità, e lo scarto aumenta all'aumentare delle dimensioni. Gli hard disk si trovano in vendita con capacità comprese tra 40 e 750 gigabyte. La capacità può essere aumentata incrementando la densità con cui le informazioni vengono memorizzate sui dischi, oppure usando dischi più grandi o impiegandone un numero maggiore. La rincorsa a unità sempre più capienti non conosce soste, il primato di capacità (750 GB) detenuto da maggio 2006 dal modello Barracuda 7200.10 di Seagate è stato superato dal modello Deskstar 7K1000 di Hitachi presentato il 5 gennaio 2007, 1 TB su 5 piatti, con una densità di 23 miliardi di bit per centimetro quadro, parallelamente scende anche il costo per GB, il prezzo annunciato di questa unità è inferiore a 400$. Il tempo di accesso è la variabile più importante nel determinare le prestazioni di un hard disk, ma spesso non viene menzionata dal produttore. Si tratta del tempo medio necessario perché un dato posto in una parte a caso dell'hard disk possa essere reperito. Il tempo impiegato dipende dal fatto che la testina deve spostarsi, e contemporaneamente il disco deve girare finché il dato interessante non si trova sotto la testina (latenza rotazionale). I produttori cercano perciò di realizzare testine sempre più leggere (che possono spostarsi più in fretta perché dotate di minore inerzia) e dischi che girano più velocemente. Il tempo di accesso tipico per un hard disk consumer è attorno ai 10 millisecondi. Per un hard disk ad alte prestazioni (15.000 giri) è di 3 o 4 millisecondi. La velocità di trasferimento è la quantità di dati che l'hard disk è teoricamente in grado di leggere o scrivere sul disco in un determinato tempo (in genere si prende 1 secondo come riferimento). Usare dischi che ruotano più velocemente o incrementare la densità di memorizzazione porta ad un miglioramento diretto della velocità di trasferimento. C'è da dire che, a parte casi particolari, la velocità di trasferimento teorica viene raramente raggiunta e il tempo di accesso è quello che maggiormente influenza le prestazioni di un hard disk. Oltre alle tre viste sopra, altre caratteristiche influenzano in misura minore le prestazioni di un hard disk. Tra queste:
* il buffer di memoria
* la velocità dell'interfaccia
Il buffer è una piccola memoria cache (in genere di alcuni megabyte) posta a bordo dell'hard disk, che ha il compito di memorizzare gli ultimi dati letti o scritti dal disco. Nel caso che un programma legga ripetutamente le stesse informazioni, queste possono essere reperite nel buffer invece che sul disco. Essendo il buffer un componente elettronico e non meccanico, la velocità di trasferimento è molto maggiore, nel tempo, la capacità di questa memoria è andata sempre aumentando, attualmente 16 MB sono una dimensione abbastanza usuale. L' interfaccia di collegamento tra l'hard disk e la scheda madre (o, più specificatamente, il controller) può influenzare le prestazioni perché specifica la velocità massima alla quale le informazioni possono essere trasferite da o per l'hard disk. Le moderne interfacce tipo ATA133, Serial ATA o SCSI possono trasferire centinaia di megabyte per secondo, molto più di quanto qualunque singolo hard disk possa fare, e quindi l'interfaccia non è in genere un fattore limitante. Il discorso può cambiare nell'utilizzo di più dischi in configurazione RAID, nel qual caso è importante utilizzare l'interfaccia più veloce possibile, come per esempio la Fibre Channel da 2 Gb/s.

 Sistema informatico.
Hardware e software formano un sistema informatico; formano uno strumento utile per fare qualcosa. Questa generica definizione, apparentemente banale, in realtà denota il fatto che oggi con un sistema informatico ci si fa di tutto, e che ogni giorno ci si fa qualcosa di più.A parte il classico personal computer o il server di rete pensiamo ad esempio al telefono cellulare, alla fotocamera digitale, alla playstation, al cruscotto auto con il navigatore satellitare, al monitoraggio in sala di rianimazione, ecc.Sono tutti sistemi informatici, che ci forniscono servizi specifici. Pensiamo ad un aereo moderno al suo interno possiamo trovare non uno, ma molti sistemi informatici, ciascuno con un preciso compito.Internet nel suo insieme è un sistema informatico, formato a sua volta da una rete di sistemi informatici che lavorano per un obiettivo comune: permettere a chiunque di connettersi e scambiare informazioni con chiunque, in qualsiasi parte del globo.
Applicazione

Del sistema informatico si è detto che è uno strumento utile per fare qualcosa. Questo qualcosa è l'applicazione. Il termine applicazione informatica è nato quando il computer è uscito dalle mani degli scienziati e dalle stanze degli istituti di ricerca ed è entrato nel resto del mondo. Naturalmente il computer era utile anche prima (e lo è di certo ancor di più oggi, in quegli ambienti), ma come ad esempio in ingegneria e così in informatica, si distingue l'attività della ricerca pura da quella applicata.Le prime applicazioni pratiche si ebbero, negli anni sessanta e inizio settanta, nelle grandi aziende, e in generale nelle grandi organizzazioni pubbliche o private, laddove soluzioni informatiche abbastanza semplici permettevano significativi risparmi di tempo nelle operazioni quotidiane e di routine. Basti ricordare Banca d'Italia, Alitalia, Eni, Montedison, Enel. Con gli anni, e con uno sviluppo sempre più veloce delle capacità di elaborazione in parallelo all'abbassamento dei costi, l'informatica ha pervaso qualsiasi settore, fino alla vita quotidiana e all'intrattenimento personale. 

giovedì 26 maggio 2011

Perché l'informatica

A cosa può servire l'utilizzo del computer ad un infermiere?
Le modalità di utilizzo sono tante:

  • fare statistiche
  • fare ricerche sull'EBN
  • riportare cartelle
  • fare prenotazioni CUP
  • ecc..
Bene per poter fare queste attività è necessario avere delle conoscenza di base per questo nel mio blog ho inserito oltre alla storia che ci riguarda come professionisti anche alcune informazioni apprese durante il corso di informatica...

Cos'è GIMP

GIMP è l'acronimo di GNU Image Manipulation Program. E' un software open source adatto ad ogni forma di editing di immagini raster, dal ritocco di foto, alla creazione di artwork ed al disegno. Incorpora anche componenti di grafica vettoriale come le curve di bezier. E' molto potente e può venire usato come semplice interfaccia per il disegno o come un professionale software di fotoritocco, come visualizzatore di un gran numero di formati immagine o per convertire immagini da un formato all'altro. " The GIMP" è un software modulare, può venire espanso attraverso l'uso di plugin così come è dotato di un sistema di scripting che vi consente di effettuare molte operazioni customizzate. Questo ciò che si legge nel sito ufficiale di gimp, alcuni di voi, tuttavia, potrebbero voler avere alcune spiegazioni rispetto a cosa sia la grafica raster, cercheremo di fornirvele senza pretendere di darvi un manuale esaustivo a riguardo. Nella computer graphic per immagine raster o bitmap si intende quella costruita come una griglia rettangolare di pixel in cui ognuno di essi ha certe caratteristiche di colore. Queste immagini possono venire visualizzate su diversi media, come un monitor di un pc oppure sulla carta o qualunque altro display. Esistono molti diversi formati di immagini raster, quello nativo di the gimp è l'xcf che supporta i livelli. La caratteristica principale di un'immagine raster è perciò quella di essere rappresentata dall'effetto complessivo prodotto dalla colorazione di singoli pixel, in larghezza ed in altezza insieme ad altre caratteristiche quali la risoluzione e la profondità di colore. Questo perchè essendo composta di un numero definito di pixel l'immagine raster può venire ingrandita solamente aumentando la dimensione degli stessi (in altre parole diminuendo la risoluzione) con conseguente perdita di qualità, . La risoluzione dell'immagine viene solitamente espressa in dpi, ovvero dot per inch, ed il risultato sui diversi media su cui l'immagine può venire visualizzata è funzione di questo dato, piu alta è la risoluzione e migliore la resa se questa è supportata, i monitor ad esempio lavorano ad una risoluzione molto piu bassa delle stampanti. Questa caratteristica della grafica raster la rende piu adatta al fotoritocco ed in generale all'editing di immagini mentre rappresenta un limite relativamente al design grafico ad esempio, dove è preferibile la grafica vettoriale. Un altro ampio campo di utilizzo è rappresentato dal web design, dove tutti i browser supportano diversi formati bitmap, ma solo alcuni un formato vettoriale come l'svg. Come già detto gimp utilizza anche strumenti nati nel mondo della grafica vettoriale ed è in grado di salvare in un formato vettoriale con estensione .eps.

Il codice binario....

Il sistema numerico binario è un sistema numerico posizionale in base 2, cioè che utilizza 2 simboli, tipicamente 0 e 1, invece dei 10 del sistema numerico decimale tradizionale. Di conseguenza, la cifra in posizione n (da destra) si considera moltiplicata per 2(n − 1) anziché per10(n − 1) come avviene nella numerazione decimale.  Nella seguente tabella sono confrontate le rappresentazioni binarie, esadecimali e decimali di alcuni numeri: Il sistema numerico binario è usato in informatica per la rappresentazione interna dei numeri, grazie alla semplicità di realizzare fisicamente un elemento con due stati anziché un numero di stati superiore, ma anche per la corrispondenza con i valori logici di vero e falso.
Il sistema numerico binario ha molti padri. Il primo a proporne l'uso fu Juan Caramuel con la pubblicazione del volume "Mathesis biceps. Vetus, et noua" (1669) pubblicata nella sua sede vescovile di Campagna in provincia di Salerno. Se ne trova traccia anche nelle opere diNepero. Successivamente, il matematico tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz ne studiò per primo l'aritmetica. Questa è la ragione per cui questo sistema di numerazione è considerato tra le sue più grandi invenzioni. Però non ebbe un seguito immediato. L'aritmetica binaria venne ben presto dimenticata e riscoperta solo nel 1847 grazie al matematico inglese George Boole che aprirà l'orizzonte alle grandi scuole di logica matematica del '900 e soprattutto alla nascita del calcolatore elettronico.
La formula per convertire un numero da binario a decimale (dove con d si indica la cifra di posizione n all'interno del numero, partendo da 0) è
d(n)2(n − 1) + d(n − 1)2(n − 2)... + d020 = N
Ad esempio 10012 = 1 * 23 + 0 * 22 + 0 * 21 + 1 * 20 = 910
Rappresentazioni di numeri binari
I numeri binari, in campo informatico, non sono utilizzati esclusivamente per memorizzare numeri interi positivi ma, mediante alcune convenzioni, è possibile scrivere numeri binari con segno e parte decimale senza introdurre nuovi caratteri (come la virgola e il segno meno, non memorizzabili su di un byte).
Rappresentazione in modulo e segno
Questo è il modo più semplice per rappresentare e distinguere numeri positivi e negativi: al numero binario vero e proprio viene anteposto unbit che, per convenzione, assume il valore 0 se il numero è positivo ed assume il valore 1 se il numero è negativo. Il grande difetto di questa rappresentazione è quello di avere due modi per scrivere il numero 0: 00000000 e 10000000 significano infatti +0 e -0.
Rappresentazione in complemento a due
Questo metodo di rappresentazione ha notevoli vantaggi, soprattutto per effettuare somme e differenze: in pratica ai numeri viene anteposto un bit di valore zero; se poi il numero è negativo è necessario convertirlo in complemento a 2: per farlo è sufficiente leggere il numero da destra verso sinistra e invertire tutte le cifre a partire dal primo bit uguale a 1 (escluso). Per fare un esempio:
− 1210 = − 011002 = 10100CA2 
Come è possibile notare seguendo questo metodo il primo bit diventa automaticamente il bit del segno (come per il metodo precedente). Viene però risolto il problema dell'ambiguità dello 0 (in complemento a 2 00000 e 10000 hanno significati diversi) e vengono enormemente facilitate le operazioni di somma e differenza, che si riducono alla sola operazione di somma: per spiegare meglio basta fare un esempio:
510 − 1010 = 510 + ( − 10)10 = 01012 − 10102 = 00101CA2 + 10110CA2 = 11011CA2 = − 001012 = − 510
Rappresentazione in virgola mobile P754
Esistono innumerevoli modi per rappresentare numeri in virgola mobile ma il sistema più utilizzato è lo standard IEEE P754; questo metodo comporta l'utilizzo della notazione scientifica, in cui ogni numero è identificato dal segno, da una mantissa (1,xxxxx) e dall'esponente (nyyyyy). La procedura standard per la conversione da numero decimale a numero binario P754 è la seguente:
Prima di tutto il numero, in valore assoluto, va convertito in binario.
Il numero va poi diviso (o moltiplicato) per 2 fino a ottenere una forma del tipo 1,xxxxxx.
1.    Di questo numero viene eliminato l'1 iniziale (per risparmiare memoria)
2.   Il numero di volte per cui il numero è stato diviso (o moltiplicato) per 2 rappresenta l'esponente: questo valore (decimale) va espresso in eccesso 127, ovvero è necessario sommare 127 e convertire il numero risultante in binario. Nel caso di rappresentazione a precisione doppia (v. definizione seguente) il valore dell'esponente viene espresso in eccesso 1023.
A questo punto abbiamo raccolto tutti i dati necessari per memorizzare il numero: in base al numero di bit che abbiamo a disposizione possiamo utilizzare tre formati: il formato a precisione singola (32 bit), il formato a precisione doppia (64 bit) e il formato a precisione quadrupla (128 bit).
1.    Nel primo caso possiamo scrivere il valore utilizzando 1 bit per il segno, 8 bit per l'esponente e 23 bit per la mantissa.
2.   Nel secondo caso servirà 1 bit per il segno, 11 bit per l'esponente e 52 per la mantissa.
3.   Nel terzo caso servirà 1 bit per il segno, 15 bit per l'esponente e 112 per la mantissa.
Per esempio, convertiamo il valore − 14,312510 in binario P754 single:
1.    Convertiamo prima di tutto il numero: 1410 = 11102 per la parte intera e 0,312510 = 0,01012. indnumero definitivo è1110,01012 (segno escluso).

2.   Dividiamo poi il numero per 2 per ottenere la seguente notazione: 1110,01012 = 1,11001012* 23
3.   La mantissa diventa, quindi: 1100101.
4.   Per esprimere l'esponente in eccesso 127, infine: 127 + 3 = 13010 = 100000102
Il numero, alla fine, sarà espresso nel formato:
1 10000010 11001010000000000000000


Le nostre teorie derivano da loro....


Florence Nightngal
Virginia Henderson

Suor Callista Roy








Dorotea Orem


Hildegard Peplau






Nancy Roper





Renzo Zanotti


Come nasce la professione infermieristica


"Il prendersi cura" è stato un compito assolto quasi esclusivamente dalla donna che sin dall'era preistorica attraverso l'uso di erbe medicinali cercava di aiutare l'organismo a superare le problematiche di salute, di alimentazione, di crescita, di supporto psico-fisico.
In tutte le culture mondiali la donna è sempre stata una figura accanto alla persona sofferente. nei secoli successivi, il potere che acquisiva la donna-curante fece sì che esse fossero ingiustamente accusate di stregoneria ed i segreti delle cure passarono ai medici - rigorosamente uomini. La donna continuò l'accudimento ma senza capacità decisionale. era la carità che veniva esercitata dalle dame, nobildonne, suore,ecc. Nel XIX secolo si deve a Florence Nightingale e alla sua solida cultura scientifica e umanistica il riconoscimento del ruolo fondamentale dell'Igiene nella cura del malato e la gestione di tutti i bisogni di salute della persona. Le infermiere anglo-sassoni elaborarono le teorie infermieristiche che hanno rivoluzionato l'approccio all'assistenza infermieristica e arricchito di un corpo di conoscenze tali da determinare l'approdo formativo alle università. Dal 1976, per diventare infermiere, allora denominato "infermiere professionale", era sufficiente frequentare un corso professionale di tre anni con programma didattico riconosciuto dall'Unione Europea al quale si poteva accedere con una scolarità di 10 anni (biennio di scuola media superiore). Dal 1990, viene istituito, il “diploma universitario di primo livello in scienze infermieristiche”. Segue un breve periodo di transizione tra il vecchio e il nuovo ordinamento didattico e nel 1992 viene sancito il definitivo passaggio alla formazione universitaria. Diventa requisito obbligatorio il diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado. Il titolo rilasciato al termine del corso è un “diploma universitario”.